VOTO E ASTENSIONE IN LIGURIA

TESI CHIAVE

La ricerca analizza i risultati delle elezioni delle Liguria del 27 e del 28 ottobre 2024 in una doppia prospettiva. Lo scopo è mettere in luce alcune tendenze di medio e lungo periodo, che caratterizzano i comportamenti elettorali in Liguria, per svolgere delle ipotesi sulle motivazioni dell’elettorato. Così, possiamo provare a comprendere l’apparente difficoltà del centrosinistra regionale nel vincere le elezioni, da una parte, e la crescita, imponente, dell’astensionismo, dall’altra.


crisi della democrazia elettorale e ragioni dell’astensionismo

Il primo capitolo, “I risultati delle elezioni in Liguria”, esamina i risultati delle regionali del 2024 in una prospettiva storica. I risultati del voto sono letti con una zoomata sempre più larga, prima guardando alle elezioni più prossime—le europee del giugno 2024, le precedenti regionali del 2020, le elezioni della camera del 2022—, poi ampliando l’osservazione alle votazioni dell’ultima generazione—dal 2000.

Innanzitutto, le elezioni regionali sono confrontate coi più immediati precedenti: le penultime regionali, del 2020, e le elezioni europee, che pure si sono svolte nel 2024, pochi mesi prima del voto vinto da Marco Bucci contro Andrea Orlando. Emergono tre considerazioni principali:

In seguito, lo sguardo è allargato alle elezioni svoltesi nell’ultima generazione. L’incremento dell’astensione è il fenomeno più rilevante:

Di elezione in elezione, il consenso per i due poli si è eroso, in certi momenti anche alimentando, in parte, opzioni elettorali alternative, come il M5S, per un periodo. La tendenza costante, tuttavia, è la crescita dell’area astensionista, che è raddoppiata di consistenza. Quindi, in un tempo segnato dal susseguirsi di crisi, non è cambiato lo schema bipolare del nostro sistema politico, ma si è ridotta la sua rappresentatività In Liguria. Il centrodestra e il centrosinistra sono rimasti essenzialmente appaiati, attraverso alterne vicende, ma dal ricevere, nel complesso, i voti di 2 persone su 5, sono scesi alla proporzione di 1 su 4.

L’esito delle evoluzioni del consenso delle due aree politiche è che, dal 2010, il presidente della giunta eletto ha ottenuto consensi sempre meno cospicui dell’astensione. A vedere meglio, il presidente eletto della giunta regionale non ha mai ottenuto più del voto di 1 persona su 3, circa. Questo dato è in contraddizione con l’organizzazione della regione. Infatti, la regione ha una struttura estremamente verticistica, con grandi poteri e responsabilità attribuite all’unica figura del presidente della giunta. Nonostante i suoi ampi poteri, il presidente della giunta è sempre stata una figura minoritaria.

La parte finale del capitolo, “Le ragioni dell’astensione”, cerca di mostrare come l’astensione non sia un polo monolitico di persone senza coscienza civica, ma un insieme, peraltro maggioritario, di persone mosse da motivi complessi e compositi. La sezione cerca di organizzare e pesare, in un’analisi sintetica, le principali macro ragioni che inducono all’astensione:

  • Insoddisfazione
  • Sfiducia
  • Cinismo
  • Protesta, opposizione
  • Indifferenza o apatia
  • Mancanza di informazioni o indecisione
  • Mancanza di tempo o lontananza
  • Malattia o problemi di salute

Le ragioni che portano ad astenersi sono indotte da un intersecarsi di molteplici fattori. In alcune circostanze, l’astensionismo è involontario e la componente di scelta, nel fatto di non votare, è estremamente ridotta, fino a essere nulla. È il caso di persone molto anziane, con disabilità, oppure che lavorano o studiano lontano da casa. Ovviamente, è anche il caso di persone cui il diritto di voto è negato per legge: tutte quelle senza la cittadinanza italiana, il cui mancato voto, però, non è calcolato.

In altre circostanze, non votare è una scelta volontaria, che risponde a motivazioni complesse e diverse, da individuo a individuo. Su queste scelte incidono, per alcune, motivi di indifferenza e disinteresse, oppure di rifiuto della democrazia. D’altra parte, per tante altre entrano in gioco numerosi problemi che riguardano la struttura del sistema politico elettivo-rappresentativo. Si tratta di fattori deleteri, che tendono a repellere o escludere certe persone dal processo elettivo-rappresentativo. A esempio, c’è chi non vota perché ritiene che non faccia alcuna differenza o non serva a nulla, oppure perché non riconosce nessuna possibilità di scelta effettiva, oppure perché non vede rappresentate le proprie istanze, o, ancora, perché non si fida o non si riconosce nella classe politica. Sono motivazioni che ritornano con frequenza tra le persone più vulnerabili e marginalizzate. Salvo chi non vota per un rifiuto della partecipazione, oppure per un deliberato e scelto disinteresse, le altre persone che optano di astenersi maturano una decisione su cui incidono, in maniera anche determinante, i difetti del sistema politico.

Il secondo capitolo, “Voci dell’elettorato di sinistra”, riporta una collezione di opinioni, raccolte tra persone nella comunità di Genova che osa. Si tratta di un insieme di persone che, quasi per intero, hanno votato alle regionali della Liguria del 2024. 

Le motivazioni più diffuse e forti, che accomunano chi ha votato e risposto al questionario, cadono nei campi dell’importanza e dell’interesse verso i risultati delle regionali. Meno forte la fiducia verso la classe politica, ancora meno l’entusiasmo.

Tra chi ha risposto al questionario, infatti, 9 su 10 (92%) ritenevano importante e molto importante l’esito delle elezioni. Una proporzione analoga (93%) nutriva interesse e molto interesse verso il voto. La quasi totalità delle persone che hanno risposto al questionario, cioè 19 su 20 (96%), hanno poi effettivamente votato. Nel sottoinsieme di chi non ha votato, i giudizi sull’irrilevanza e il disinteresse verso il voto crescevano. Tuttavia, pure tra chi ha risposto al questionario e non ha votato si registrava, comunque, un riconoscimento dell’importanza del voto: per 3 su 5 (61%), importante e molto importante. Allo stesso modo, pure nell’insieme dell’astensione, c’era interesse: per 1 persona su 2 (50%), interesse e grande interesse.

A fronte di un senso dell’importanza e dell’interesse tutto sommato sostenuto, le dimensioni dell'entusiasmo e della fiducia erano, invece, caratterizzate da espressioni più negative. Infatti, poco meno di 1 persona su 4 (23%), tra quelle che hanno risposto al questionario, esprimeva entusiasmo e grande entusiasmo; tra chi non ha votato, la proporzione scendeva a meno di 1 su 10 (8%). Un po’ meno di 3 su 5 (55%), tra le persone che hanno risposto al questionario, dichiarava di avere fiducia e molta fiducia nei candidati; meno, ovvero 1 su 10 (13%), tra chi non ha votato.

Tra chi ha risposto al questionario, e in larga parte ha votato alle regionali della Liguria del 2024, 1 su 7 (14%) è molto d’accordo con l’affermazione «è possibile cambiare profondamente il sistema», circa 1 su 2 (49%) è d’accordo. Quindi, nel complesso, quasi i due terzi di chi ha risposto dà un riscontro positivo all’affermazione. Dall’altra parte, circa 1 su 5 (18%) non è né in disaccordo, né d’accordo, e una simile proporzione (19%) è in disaccordo e molto in disaccordo. 

Il terzo capitolo, “Le tendenze globali”, ricostruisce l’evoluzione della partecipazione elettorale in Italia e in Europa.

La percentuale di votanti per la camera, in Italia, è diminuita in tre fasi: negli anni ‘80, dal 1994 e poi, il calo più deciso, dal 2008. Più di recente, si è attestata sul 65%. La partecipazione alle elezioni regionali è scesa anche di più, contraendosi di 30 punti percentuali in una generazione, fino al 58%. Infine, l’affluenza alle elezioni europee in Italia, dopo un minimo nei primi anni duemila, si è attestata intorno al 50% dell’elettorato.

L’evoluzione della partecipazione elettorale in Italia appare in linea con quanto accaduto in altri paesi europei. In alcuni paesi principali dell'area mediterranea e atlantica la partecipazione si attesta sul 60%, in media, con una riduzione di quasi 20 punti percentuali negli ultimi 80 anni. In altri stati del centro e nord, invece, il livello di partecipazione medio si colloca sull’80%, con una contrazione di 10 punti in 80 anni. In altri termini, 1 persona su 5 non vota nell’Europa centro-settentrionale e 2 su 5, il doppio, in quella mediterranea-atlantica.

Nelle più recenti democrazie dell’Europa orientale, le tendenze paiono meno lineari. Tuttavia, l’affluenza alle urne, in media, si colloca ugualmente sul 60%, ma con minimi anche sotto il 40%. Quindi, generalizzando, torna il dato di 2 persone su 5 che non votano.

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